Supply chain Cina/Italia, reazione a catena
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Supply chain Cina/Italia, reazione a catena

Il mercato occidentale e quindi anche quello degli articoli promozionali dipendono fortemente dall’Asia e, in particolare, dalla Cina. Le criticità emerse dalla pandemia richiedono un cambio di passo nella direzione della sostenibilità.

Un battito d'ali a Pechino si avverte anche a Parigi. Dove diventa uno tsunami. Un'affermazione quanto mai valida se riferita al mercato dei prodotti personalizzabili, notoriamente caratterizzato da una filiera molto lunga, dove il produttore è quasi sempre situato dall'altra parte del pianeta, in particolare in Cina, rispetto a importatori, distributori, rivenditori e clienti finali, localizzati in Occidente. L'anello debole di una simile catena intercontinentale è la movimentazione delle merci; lo si è visto lo scorso marzo con il blocco delle forniture causato dalla nave portacontainer Ever Given, incagliatasi per 6 giorni nel canale di Suez. E lo ha dimostrato la pandemia, nella fase acuta della quale (1° semestre 2020) a un'estremità della filiera, ovvero nei terminal cinesi, si ammassavano migliaia e migliaia di container, mentre nei grandi hub portuali europei i moli diventavano domicilio di intere flotte di navi vuote, senza merci da trasportare. Quando poi gli uomini e i prodotti hanno ripreso a circolare, alla crescita della domanda non si è accompagnata un'adeguata offerta di navi e container, con i conseguenti rallentamenti (a settembre 2021 solo il 35% dei container è arrivato puntuale, a fronte dell'85% registrato nel 2019) e aumenti di prezzo, spesso vertiginosi, fino a oltre il 60% in alcuni casi.

 

Una congiuntura, questa, che impatta particolarmente sul settore del promozionale, legato a doppio filo con quello dei toys, dove importatori e rivenditori devono sudare le fatidiche sette camicie per non rischiare di arrivare a Natale con i magazzini vuoti.  Sul perché la logistica navale non abbia retto il passo con il prevedibile aumento delle richieste pesa in parte la scelta adottata nel 2020 da diversi armatori di approfittare della pausa forzata dovuta al Covid-19 per pianificare manutenzioni straordinarie delle navi. Tra gli spedizionieri corre inoltre voce che le compagnie di navigazione avrebbero "fatto cartello" e alzato i prezzi, al fine di rientrare delle perdite subite a causa della riduzione nei volumi movimentati. Con esiti paradossali: per esempio, l'aumento del prezzo per il trasporto di un cassone contenente acciaio a tal punto da costare come la merce stessa.

 

A rendere ancora più complicata la situazione, il fatto che la domanda da parte degli importatori e clienti occidentali riguarda tanto i prodotti finiti quanto le materie prime. E si dà il caso che proprio i prezzi delle materie prime siano ultimamente in impennata, nonché in forte oscillazione: una circostanza che rischia di minare il meccanismo delle importazioni, visto che spesso durante il loro viaggio verso l'Europa le merci diventano più care rispetto a quando avevano lasciato i porti della Repubblica Popolare Cinese. Che per inciso ha fatto incetta di commodity (per citarne solo una, la cellulosa) e di altre riserve strategiche, essendo la sua economia ripartita in anticipo rispetto agli altri paesi ancora piegati dalla pandemia. Uno scenario complesso, ma dopotutto prevedibile: "La Cina è un paese alla caccia ovviamente di quello che serve per produrre ciò che poi il mondo occidentale importa - osserva a riguardo Daniele Tirelli, docente di Economia Internazionale presso l'Università di Modena-Reggio - e non deve quindi meravigliare che l'alluminio sia aumentato del 50% e il rame stia per toccare i massimi storici, in linea con il trend generale che vede balzare le quotazioni delle materie prime strategiche, dal molibdeno al petrolio, dalla ferrite alla canola".

 

Oltre ad augurarsi un quanto mai prossimo riequilibrio tra l'offerta e la domanda, si può fare o almeno pensare qualche soluzione alternativa? Alcune aziende industriali hanno già da tempo abbandonato il global per il local, riscoprendo il made in Italy e i distretti manifatturieri della tradizione, a metà strada tra l'abile mossa strategica per abbreviare drasticamente la filiera e la sincera attenzione per il territorio e per i temi della sostenibilità socioambientale. A proposito di ecologia, va ricordato che la modalità di movimentazione delle merci a minore impronta di Co2 è quella su rotaia (secondo dati Eurostat del 2017, in Italia l’86,5% della merce viaggiava su gomma, il 76,4% in Europa), peraltro due volte più veloce rispetto a quella marittima e meno costosa di quella aerea. Considerando una recentissima indagine di Open Text, secondo cui il 93% degli italiani interpellati preferisce comprare da aziende in grado di dimostrare di aver messo in atto strategie di approvvigionamento etico, ossia attento ai temi della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale, quella del treno-merci Cina-Italia potrà essere in futuro molto più di una semplice ipotesi di lavoro. Il contrasto alle problematiche legate allo shortage delle materie prime presuppone un vero e proprio cambio di paradigma (fondamentale sarà a riguardo l'atteggiamento della politica e delle nuove generazioni) per indirizzare sempre più la produzione verso protocolli di economia circolare. L'Italia, da sempre costretta a far di necessità virtù a causa della penuria di materie prime e non a caso campione a livello Ue di virtuosità nel riciclo dei rifiuti potrebbe svolgere un importante ruolo in questa battaglia per la valorizzazione delle "materie prime seconde". Sarebbe da ultimo auspicabile una sensibilizzazione delle compagnie assicurative nei confronti delle problematiche che affliggono le catene transoceaniche: le polizze cargo attualmente disponibili contemplano l'eventualità di perdite causate da incidenti e calamità naturali, ma non indennizzi legati agli altri imponderabili della supply chain e della logistica tipici di questo periodo di emergenza. Una copertura di questo genere figura sicuramente tra i desiderata dell'intero comparto e potrebbe contribuire ad affrontare con maggiore tranquillità gli ordinativi futuri.