Think local: per modelli di business più equi e sostenibili
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Think local: per modelli di business più equi e sostenibili

Think Local è il progetto dedicato alle aziende europee che, oltre alle proprie, producono linee con il marchio del distributore o per altri brand. Ed è uno degli otto percorsi di visita dell’edizione di settembre 2021 di HOMI.

Crescita - business sostenibili, globalizzazione – rilocalizzazione (o reshoring), connessione - valorizzazione del territorio, spazio fisico - spazio digitale… I modelli dell’industria nazionale ed europea stanno cambiando; alcune delle aziende che in questi anni si sono concentrate sul massimo dell’efficienza e della crescita stanno iniziando a rivedere le loro strategie, alla ricerca di modelli di business sostenibili. Accelerate e stimolate dall’emergenza pandemica, le riflessioni sugli effetti della globalizzazione e della delocalizzazione si vanno concentrando attorno ai luoghi di produzione. Gli ingenti aumenti dei costi dei noli, i rincari del trasporto provocano rallentamenti nelle operazioni di spedizione e consegne, inducendo molte aziende a cercare partner più vicini geograficamente.

 

Se quindi i limiti fisici sono annullati dall’integrazione con il digitale, ponendoci di fatto in una dimensione globale, l’interconnessione consente di rivolgere una rinnovata attenzione alle produzioni locali per tornare a valorizzarne territori, comunità, creatività e brand. In questo modo si possono ripensare i criteri della delocalizzazione produttiva, diversificando, riavvicinando e valorizzando i centri di produzione delle aziende.

 

Il Tavolo Retail organizzato da Homi nei giorni scorsi ha fatto il punto, fra gli altri, anche sugli aumenti dei costi delle merci provenienti da Far East e in particolare dalla Cina, che sta spingendo alcuni retailer, per evitare forti incrementi di costi e minore flessibilità nella gestione degli ordini, a cercare in Europa nuovi fornitori. Anche se naturalmente non per tutti questa strada risulta percorribile.  

 

Ma che cosa significa quindi lavorare per conto di altri brand? Come mantenere unicità e valori quando il proprio brand lavora dietro le quinte?

 

“Aziende con brand anche già affermati sul mercato si rivolgono a noi, in quanto non hanno un laboratorio di ricerca e sviluppo interno - il nostro è diretto dal Dott. Poggiagliolmi - e neanche la produzione interna all'azienda stessa” spiegano Franca e Gabriella Gestri di Wally1925, specificando che lavorare per conto di altri, significa usare una consolidata esperienza e professionalità nel settore.

 

“L'apprezzamento per la nostra azienda e il nostro modo di creare i prodotti, deriva soprattutto dal fatto che cerchiamo di mantenere l'artigianalità del prodotto, in quanto tendiamo a salvaguardare la qualità dello stesso”. E, si sa, quando i prodotti sono realizzati con passione, si riescono a suscitare emozioni, soprattutto se come in questo caso il prodotto è una fragranza capace di soddisfare le aspettative del cliente.

 

Certo è che “la pandemia ha influito sulla tipologia di scelta dei prodotti, anche se la cosmetica (soprattutto saponi e gel igienizzanti) ha rivestito una parte importante durante questo periodo critico” concludono Franca e Gabriella Gestri.

 

A conferma del fatto che il mercato premia i brand capaci di scegliere modelli di business più equi e sostenibili è in atto – e da cogliere - una importante rivalutazione dell’artigianalità, dell’unicità e del saper fare. E queste caratteristiche appartengono ai prodotti fatti in Italia e in Europa.